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Un Gran Premio? Come una finale di Champions League

di Luigi Migliaccio

Un Gran Premio? Come una finale di Champions League
Luigi Migliaccio
“Semo romani… trasteverini, semo signori… senza quattrini…” recita così una vecchia canzone
romanesca nata a Trastevere così come a Trastevere è nato Stefano Marsili divenuto proprietario
quasi per caso e oggi in grado vivere un sogno grazie a un cavallo forte e potente come Dakovo
Mail…
Il rione Trastevere, nel sangue e nella storia di questo 55enne, fisico asciutto dinamico, autista di
piazza e proprio questa sua professione è all’origine della sua “avventura” ippica…
“E’ vero, pensa che la mi scuderia si chiama “San Callisto” proprio dal nome del bar di Trastevere,
vicino a Piazza Santa Maria dove ci riunivamo e ci riuniamo tutt’ora con gli amici. La giubba
amaranto come la maglia del Trastevere: la squadra di calcio del quartiere dove giocavo da
ragazzo e sul dorso il leone che è lo stemma del rione… insomma dubbi sul mio spirito di
appartenenza alle origini ce ne sono davvero pochi.”
Ma da aspirante calciatore di serie “A” a proprietario di cavalli da corsa il cammino non
deve essere stato breve…
“Guarda nasce tutto una quindicina di anni fa, quasi per caso… accompagno Domenico Zanca da
all’allevamento di Sergio Carfagna, in Umbria, per una gita. Io in realtà ero andato li per una
giornata di svago e divertimento con anche un bel pranzo. Siamo usciti dalla tenuta di Sergio che
avevamo comprato 73mila euro di cavalli, ovviamente poi ripartiti in società anche con altri suoi
proprietari. Tra questi c’era Nerone che è stato un po’ il mio cavallo del cuore con il quale siamo
giunti anche a disputare un Gran Premio a Trieste. Era un buon cavallo; vinse tanti centrali in
Sicilia, poi accusò un problema cardiaco e morì in paddock, ne fui davvero molto addolorato…”
Passano gli anni; altri cavalli; qualche altra piccola soddisfazione poi arriva Dakovo Mail…
“Guarda, sembra strano, ma anche qui il caso ha avuto una forte incidenza… Un giorno andai con
Romolo Ossani e Umberto Todisco a Valmontone all’allevamento di Alfredo Morozzi, il papà di
Francesco, per vedere un puledro da comprare. Ci fece vedere Dakovo, ma a me piaceva un’altra
cavalla che poi però fu sfortunata e non riuscì a scendere in pista per un problema fisico. Alfredo
mi fece notare che la mia, insomma, non sarebbe stata una scelta oculata e alla fine trattammo per
Dakovo. L’acquisto stava per saltare per una differenza minima, di 1000 euro, nonostante avessi
fatto appello alla “romanità” di Alfredo, uno che a queste cose ci teneva. Ci eravamo impuntati sia
noi che lui. Ce n’eravamo andati, ma alla fine ci ho ripensato, siamo tornati indietro e lo abbiamo
preso. Il resto, ovvero un grande lavoro di impostazione, lo hanno fatto Umberto Todisco e Romolo
Ossani… da puledro tre gruppi 1 con tre terzi posti, mica poco… Ci tengo a ricordare Afredo, una
gran bella persona, scomparsa troppo presto… mi piacerebbe dedicargli la vittoria in un Gran
Premio. Mi è dispiaciuto davvero tanto che non abbia potuto vedere i progressi di Dakovo.”
Riesci a descrivere le emozioni che si provano da proprietario di un cavallo di questo tipo…
“Guarda è davvero difficile trovare le parole. Posso dirti che per me che ho giocato a calcio, essere
a un Gran Premio è come arrivare a giocare la finale di Champions League, forse anche anche di
più. Dicevo sempre che se fossi arrivato a disputare il Derby sarei stato sopraffatto dall’emozione.
Invece paradossalmente ho sofferto molto di più nella qualificazione che ho visto seduto sul prato
all’interno della pista di Capannelle, che non il giorno del Derby quando sono stato colpito da una
lucida, calma follia.
E l’estero?
“Paradossalmente abbiamo raccolto più all’estero, in Svezia che non in Italia e il mio rammarico è
che per un motivo o per l’altro non sono riuscito ad andare a vederlo di persona e ho dovuto

seguire le corse sul telefonino. Certo in Svezia ha vinto la batteria e la finale del Norrland Grand
Prix con un tempo anche importante considerato che come disse Jory Turja, quella di Bergsaker
non è una pista velocissima. Giorni fa a Parigi non siamo stati fortunati, ma ci rifaremo…”
Ma, a prescindere da considerazioni di ordine economico, sul piano delle emozioni è meglio
correre in Italia o all’estero…
“Difficile dire. Quando vedi il cavallo che corre all’estero l’emozione è forte e subentra anche un
pizzico di campanilismo, di difesa dell’essere italiano e romano. Da noi quando corri una corsa
importante lo fai con maggior cognizione di causa. Conosci di più gli avversari te la vivi di più…
insomma è tanta roba.”
Adesso i programmi?
“Deciderà Alessandro Gocciadoro cui abbiamo affidato il cavallo all’indomani dell’Orsi Mangelli,
senza, bada bene, nulla togliere alla grande professionalità e al lavoro che hanno fatto Romolo
Ossanui e Umberto Todisco. Al momento le opzioni sono due: rimanere in Italia e correre a Milano
visto che ci sono due Gran Premi a seguire (Encat e Locatelli n.d.r.) oppure andare in Francia dove
ha due corse con la chiamata molto buona una il 9 e una il 20 febbraio… Dobbiamo ancora
decidere…”
Intanto hai preso anche la licenza gentleman e quindi la domanda e d’obbligo: meglio
vincere un gruppo 1 o correre personalmente il Federnat (le due cose in una stessa
stagione sono praticamente incompatibili…).
“Intanto vinciamo un gruppo 1… ha cinque anni… e poi il gentleman deve farsi le ossa… per il
Federnat c’è tempo!

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